YIJING. OLTRE FACILI MITOLOGIE

 


E' uscita per Castelvecchi una edizione originale, con Sentenze e Immagini dal cinese, de YIJING, IL LIBRO DELLE METAMORFOSI. Dall' Introduzione di Paolo Giammarroni, ecco una presentazione dello storico a cui è dedicato il volume: Gu Jiegang, una vita di ricerca interdisciplinare e smascheramento di miti di comodo.


CINA. LA SCUOLA DEL “DUBBIO STORICO” NEL ‘900.

Sotto il nome di “Dibattiti sull’antica storiografia” (Gushibian), nel ‘900 dagli inizi degli anni 20 al 1947, si sommarono ben 350 studi impensabili in altre epoche. Puntarono a ripulire dalle incrostazioni anche fondamenti come la coppia yin/yang, oltre che la reale biografia dei presunti imperatori fondativi (Yu, Huang Di). Emergevano tante manipolazioni del passato, che avevano posto sempre al centro il ruolo delle dinastie Han e Xin. Affinarono canti popolari e mappe geografiche; tra l’altro da qui iniziò l’interesse alla presenza mussulmana nella regione di confine dello Xinijang (ancora oggi un terreno di scontro sociale e politico). Cercarono, di conseguenza, anche di ritrovare la reale portata, non-confuciana, dei sei Classici, come il “Libro dei Documenti” e lo stesso Yijing.

Sulla spinta dell’amico pensatore Hu Shih, la figura eminente di questo progetto fu Gu Jiegang (1884-1980). Animò per quasi 100 anni un ampio movimento fondato sulla libertà critica e sulla ricerca di nuovi filoni culturali, tra mille vessazioni.

   Gu, nato nello Jiangsu, non lontano da Shanghai, si laureò in filosofia a Pechino nel 1920. Curò molte riviste e insegnò in varie cattedre, fino ad approdare al dipartimento di storia dell’Accademia delle scienze. Collaborò con archeologi e sociologi, oltre che filologi. Conobbe figure occidentali come Waley e Eberhard.

   La sua Scuola fu coraggiosamente denominata Yigupai, cioè “Scuola del dubbio storico”.  Pesanti furono gli scontri con altri professori allineati ai gloriosi miti cinesi, anche dopo gli anni 40. Con passione il gruppo attaccò il comodo “ritorno all’antico” (jufu).

Non tutte le provocazioni di Jiegang e dei suoi colleghi Lou Genze e Lu Simian hanno retto agli studi più recenti, con il recupero – ad esempio – dell’attendibilità dei primi racconti di Sima. Ma dopo Jiegang nessuno in Cina ha più potuto “inventare” a proprio piacimento protagonisti, datazioni, compilazioni arbitrarie.

   Questo spirito rivoluzionario avrebbe dovuto essere apprezzato dal maoismo. Non fu così. Persino Jiegang, a 70 anni e senza medaglie per aver partecipato da giovane alla rivoluzione del 1911, si ritrovò etichettato  come reazionario, perché influenzato dall’Occidente. Fu sbeffeggiato in corteo e ridotto a far l’usciere. Distrutta la sua preziosa biblioteca. Dopo 5 anni, recuperò poi una propria dignità, ma gli fu fatta pagare l’idea dell’intellettuale fuori dalle tresche politiche. Cancellato, salvo tra storici esuli a Taiwan. Poté ripubblicare soltanto nel 1977, ma morì nel Natale 1980. Libero, proprio per cercare la vera essenza del passato e della tradizione, al di là di comode leggende.

   Di lui resta l’esempio di una vita senza compromessi, proprio nei decenni in cui la Cina usciva da tre secoli di decadenza e cercava, anche nel sangue, una nuova identità.

   Mi è sembrato doveroso ricordarlo nella dedica di questo Yijing: insegnante che lasciò  un’eredità senza più cecità e superstizioni reciproche.  (p.g.)


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