SHAKESPEARE - Perchè ancora i Sonetti

 


PRESENTAZIONE. L’altro Shakespeare (1564-1616), di Paolo Giammarroni



Le 37 opere teatrali di William Shakespeare contengono pagine di tale bellezza e intensità da aver oscurato i suoi 154 Sonetti (o 152). Se sono sopravvissuti al confronto è stato soprattutto per i segreti celati, superando la “maniera” presente.

Varie le date di stesura, rispetto alla tardiva pubblicazione nel 1609. Sono tra il 1591 e il 1595, di un 30enne di successo, le pagine dedicate alla DarkLady, la Donna in nero fascinosa e funerea, forse parallela a Romeo&Giulietta; poi tarde quelle all’amato GiovaneBello, FairYouth, al tempo dei drammi storici come Enrico IV; e altre a inizio ‘600, più tormentate e “politiche” con riferimenti nell’Amleto. In questo ultimo caso si è pensato persino ad un lavoro completato da F. Bacon.

Il secondo tema aperto è legato all’identità storica dei personaggi, se reali o di fantasia, questione apertissima, che lasciamo ad esperti.

Il terzo è di contenuto: i Sonetti, pur parlando ovviamente d’amore, oscillano tra varie sottolineature, dall’ insistenza per generare un figlio, alla parodia del petrarchismo di facciata, fino alla presa di distanze dal perbenismo imperante.

Non sorprende che in Italia molti poeti traduttori (tra cui Montale e Ungaretti) abbiano preferito operare una netta cernita, legata a proprie inclinazioni, oppure offrire una versione in prosa dettagliata e didascalica (Darchini, nel 1908). Trovo più difficile accettare invece oggi l’ atteggiamento involutivo di troppe successive traduzioni “poetate”, dalla faticosa lettura e spinte su un linguaggio arcaico, pseudo-barocco, già pessimo a teatro.

Questa mia proposta vuol andare in direzione opposta, in particolare per sondare la contemporaneità del mondo shakespeariano, a cominciare dal suo modo creativo di affrontare l’omosessualità, o il triangolo amoroso.

Questi 20 sonetti non sono necessariamente i più belli, ma in qualche modo tra i più originali e significativi dentro una breve antologia.

Ho mantenuto la struttura del sonetto inglese d’epoca, con le 3 quartine in rima alternata e il distico finale a rima baciata (quasi sempre bellissimo, a fare da chiave di lettura). Sono rimasto fedele all’ articolazione delle singole rime,  rinunciando a mantenere i pentametri giambici, per un ritmo più flessibile anche grazie ad un lessico ampio. Ho inserito mie titolazioni, per guidare il lettore oltre i salti logici di una così piccola selezione. Per parte mia, è stato un autentico piacere confrontarmi con tanti “avversari”, ma soprattutto con stimoli di psicologia, filosofia, ironia di questo livello.


 

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