(trad. Paolo Giammarroni)
Questo tetto tranquillo, passeggio di colombe,
palpita tra gli alti pini e tra le
tombe.
Qui la giusta metà del giorno dona
bracieri
al mare, mare che da sempre
ricomincia.
Mia ricompensa? Potervi scrutare a
lungo
la calma degli Dei, esauriti i miei
pensieri.
(…) Come si scioglie un frutto
nel piacere, come in delizia
muta la sua assenza
dentro la bocca che ogni forma
asciuga, qui anch’io
annuso il mio futuro rogo
e ogni cielo – per l’anima stanca –
accompagna il mutar del canto
delle rive, in dissonanza.
Cielo bello, cielo vero, vedi come
Cambio? Io, iper-orgoglioso, io
Così strambo, cervello accidioso,
eppure ancora forte:
io mi abbandono a questo orto
rilucente e l’ombra mia che
plana su casette di morte –
mi istruisce al suo rollare,
stancamente.
Con l’anima esposta ai fari
dello zenit, io sostengo te,
speciale giusta Luce.
Guardati! Sei la più
combattiva e senza pietà.
Ti condurrei al tuo luogo iniziale,
pura… Ma farti
rinascere suppone, oh Luce, che
stia in ombra l’altra triste metà.
(…) Zenone disumano! Paradosso
Di Elea! M’hai trafitto
con la tua freccia eterea che vibra
in fuga, ma che non vola affatto!
Lo schiocco mi dà il via, il dardo
poi
m’uccide! Ah, il sole… utile ombra
di tartaruga per la psiche… e Achille
fermo nel mio scatto!
Ma no, alziamoci! Verso l’era
successiva! Oh corpo mio, spezza
ogni forma riflessiva!
Oh petto mio, nùtriti alla culla
dei venti! Mi sa ridare
l’anima questa freschezza
che dal mare s’alza… Oh forza salsa!
Corriamo all’onde, riemergiamone
viventi!
(…) Si alza il vento!... Proviamo con
la vita! Sfoglia e richiude
gli appunti miei una folata grande.
Via pagine ingiallite, volate
nel maestrale! L’ondata
- mille gocce – osa scheggiar le
rocce!
Spazzate, oh flutti, questi tetti
tranquilli, già ormeggi
per gli stretti fiocchi,
per le rande.
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